Il tool di esportazione per passare da Apple Music a Youtube Music
Apple ci ha messo tre anni, ma alla fine ha deciso di semplificarci la vita. Dopo aver lanciato uno strumento per il trasferimento delle foto da iCloud a Google Foto, ora l’azienda di Cupertino ha pensato bene di fare lo stesso con le playlist di Apple Music, permettendo agli utenti di esportarle su YouTube Music con estrema facilità.
Il nuovo strumento, disponibile nella sezione Dati e Privacy del sito di supporto Apple, rende tutto più facile. Basta accedere, selezionare “Trasferisci una copia dei tuoi dati” et voilà, l’opzione per esportare le playlist di Apple Music appare magicamente.
Attenzione perchè per utilizzare questo tool bisogna avere un abbonamento attivo ad Apple Music o iTunes Match. E, ça va sans dire, serve anche un account YouTube Music.
Il processo non è istantaneo, ci vuole un po’ di tempo. Ma una volta completato, si riceverà una mail di conferma e le playlist appariranno belle e pronte nella scheda Libreria di YouTube Music.
Ovviamente, non è tutto oro ciò che luccica. Ci sono delle limitazioni: le canzoni non presenti su YouTube Music non verranno trasferite, e lo stesso vale per le playlist curate da Apple, come ALT CTRL, e per quelle collaborative create da altri utenti. E non aspettatevi di poter trasferire podcast o vecchi file audio non musicali: lo strumento è pensato solo per la musica.
Inoltre, se volete fare il percorso inverso, da YouTube Music ad Apple Music, dovrete armarvi di pazienza e, soprattutto, di servizi a pagamento come Song Shift. Perché Apple, almeno per ora, non prevede uno strumento che funzioni in entrambe le direzioni.
Apple Music e Youtube Music: breve recap dei servizi di streaming musicale
Apple Music ha visto la luce il 30 giugno 2015, presentandosi come l’evoluzione naturale di iTunes, il celebre software che aveva già rivoluzionato l’industria musicale. Lanciato con grande clamore durante la WWDC 2015, Apple Music prometteva di ridefinire il modo in cui le persone ascoltavano la musica, puntando su una combinazione vincente di streaming on-demand e playlist curate da esperti del settore.
Inizialmente accolto con scetticismo, Apple Music ha presto guadagnato terreno, grazie anche alla sua stretta integrazione con l’ecosistema Apple e al sostegno di artisti di fama mondiale. A soli tre mesi dal lancio, il servizio contava già 15 milioni di utenti, di cui 6,5 milioni erano abbonati paganti. Da allora, il numero è cresciuto esponenzialmente: nel giugno 2021, Apple Music vantava oltre 78 milioni di abbonati in tutto il mondo.
Il servizio ha continuato a evolversi, introducendo funzionalità come Beats 1 (ora Apple Music 1), una stazione radio globale con DJ di primo piano, e la possibilità di caricare la propria libreria musicale su iCloud. Nel 2021, Apple Music ha lanciato la funzione “audio spaziale” con Dolby Atmos e il formato Lossless, offrendo agli utenti un’esperienza di ascolto di qualità superiore.
YouTube Music è nato in un contesto diverso. Lanciato ufficialmente il 22 maggio 2018, era il tentativo di Google di capitalizzare la popolarità di YouTube, la più grande piattaforma di video al mondo, per entrare nel mercato della musica in streaming. Ma l’idea non era nuova: già nel 2014, Google aveva provato a fare breccia con Google Play Music, un servizio che, nonostante buone intenzioni, non era mai riuscito a imporsi.
Con YouTube Music, Google ha scommesso sul potere della sua piattaforma video, offrendo un servizio che combinava streaming musicale, video musicali e concerti dal vivo. L’obiettivo? Trasformare YouTube Music nella destinazione definitiva per gli amanti della musica. E i risultati non hanno tardato ad arrivare: entro il 2021, YouTube Music aveva già superato i 50 milioni di abbonati, una crescita impressionante per un servizio relativamente giovane.
Se si guardano i numeri, Apple Music sembra avere un leggero vantaggio, con una base di abbonati più ampia e un’integrazione profonda con l’ecosistema Apple. Però YouTube Music ha dalla sua parte la forza di una piattaforma video con oltre 2 miliardi di utenti attivi mensili, un aspetto che potrebbe rivelarsi determinante nel lungo periodo.