Intel si blinda contro gli investitori attivisti: ecco perché ha chiamato Morgan Stanley
Intel ha deciso di fare squadra con Morgan Stanley. Non è una mossa casuale, ma una strategia ben precisa per proteggersi da potenziali attacchi di investitori attivisti, quelli che vedono nelle difficoltà altrui un’opportunità per dettare nuove regole.
Al momento, nessuno di questi investitori si è ancora mosso ufficialmente, ma Intel non ha intenzione di farsi trovare impreparata, soprattutto ora che la competizione con giganti come AMD, Arm e Nvidia è più accesa che mai e i bilanci fanno segnare rosso fisso.
Cosa c’è dietro la collaborazione con Morgan Stanley
Ma cosa c’è dietro questa mossa? Il vero nodo della questione è la divisione manifatturiera di Intel e la possibilità di una sua scissione, un’ipotesi che l’amministratore delegato Pat Gelsinger non vuole nemmeno sentire nominare. Eppure, si tratta della seconda più grande fonderia al mondo per fatturato, anche se lontana anni luce da TSMC, ma comunque davanti a Samsung Foundry e SMIC.
Con una “Intel Product Company” ipotetica come cliente principale e vari altri clienti esterni, questa divisione avrebbe tutte le carte in regola per imporsi nel mercato della produzione a contratto.
Nonostante questo, i numeri non sorridono: solo nel secondo trimestre, la fonderia di Intel ha perso 2,8 miliardi di dollari. E non è tutto: Intel ha investito cifre astronomiche in strumenti High-NA EUV, che rappresentano un costo enorme. Anche il settore dei data center e dell’AI non va a gonfie vele, con vendite solo leggermente superiori rispetto a quelle di AMD, che ha una quota di mercato ben inferiore.
In uno scenario del genere, la divisione manifatturiera di Intel potrebbe sembrare un boccone ghiotto per chi cerca di massimizzare il valore azionario. Ecco perché non è da escludere che un investitore attivista possa chiedere a gran voce la scissione, puntando a ottenere una valutazione più alta per le due entità separate.
Di fronte a questa minaccia, Intel ha avviato un piano di tagli drastici, tra cui una riduzione del 15% della forza lavoro, pari a circa 15.000 posti di lavoro. Tutto questo fa parte di un piano di risparmio da 10 miliardi di dollari, che mira a mantenere l’azienda e la sua divisione produttiva sotto lo stesso tetto, evitando così la frammentazione e cercando di resistere alle pressioni degli investitori.