Le prime parole del CEO di Telegram dopo l’arresto
Telegram è al centro delle polemiche: il CEO, Durov, arrestato in Francia, si difende.
“È assurdo affermare che una piattaforma o il suo proprietario siano responsabili dell’abuso di quella piattaforma.” Con queste parole, Telegram risponde all’arresto del suo fondatore e CEO, Pavel Durov, da parte delle autorità francesi, avvenuto nei pressi di Parigi. Un arresto che ha immediatamente sollevato un polverone mediatico e diplomatico.
La notizia è arrivata tramite una dichiarazione pubblicata sul canale ufficiale dell’app di messaggistica, dove l’azienda ha ribadito che Durov “non ha nulla da nascondere”. L’arresto, confermato dalle autorità francesi, rientra in un’indagine che coinvolge Telegram, accusata di essere terreno fertile per attività criminali. Il social network, spesso visto come un rifugio per chi cerca privacy e libertà d’espressione lontano dai grandi colossi della Silicon Valley, è finito così sotto i riflettori.
“Quasi un miliardo di utenti in tutto il mondo utilizza Telegram come mezzo di comunicazione e come fonte di informazioni vitali” si legge ancora nel comunicato, che chiude auspicando una “rapida risoluzione” della vicenda. Ma intanto, l’arresto di Durov ha già scatenato diverse reazioni. L’ambasciata russa a Parigi ha denunciato di non aver ancora ottenuto accesso al loro connazionale, che, pur essendo nato in Russia, possiede cittadinanza sia francese che degli Emirati Arabi Uniti, dove ha sede Telegram.
Durov, in una delle sue rare interviste rilasciate ad aprile a Tucker Carlson, aveva chiarito la posizione di Telegram: l’obiettivo è essere una piattaforma “neutrale”, immune alle pressioni dei governi per moderare i contenuti. Un impegno che sembra costargli caro, tanto che il fondatore ha ammesso di evitare di viaggiare in quei “grandi paesi geopolitici” dove l’attenzione sulla sua azienda è troppo alta. “Viaggio in luoghi dove posso essere sicuro che i valori e ciò che facciamo siano rispettati” aveva dichiarato.
Ora, con Durov nelle mani delle autorità francesi, si apre un nuovo capitolo nella storia di Telegram, un’azienda che da sempre cammina sul filo sottile tra privacy e legalità, libertà d’espressione e controllo. Un equilibrio precario che, con l’arresto del suo fondatore, rischia di essere seriamente compromesso.