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Neuralink, ok dall’FDA per Blindsight: passi avanti per la cura alla cecità

Il logo di Neuralink, illustrazione di Techdot
18 Settembre 2024, 10:12 | Lorenzo Ricciutelli Lorenzo Ricciutelli

Neuralink, l’ennesima azienda targata Elon Musk, ha ricevuto il via libera dalla FDA per entrare nel programma “breakthrough device”. Questo, però, non equivale a dire che l’azienda abbia trovato una soluzione per la cecità, come invece sembra voler suggerire il suo noto fondatore.

Il programma “breakthrough devices” della FDA permette ai produttori di dispositivi medici di ricevere supporto e consulenza dagli esperti dell’agenzia, accelerando i processi di revisione pre-mercato, ma non si tratta di un riconoscimento esclusivo. Basti pensare che solo nel 2023 sono stati 145 i dispositivi a ricevere tale qualifica e, dall’inizio del programma nel 2015, il numero complessivo si avvicina a quota 1.000.

L’ultimo progetto di Neuralink, denominato Blindsight, si inserisce in un contesto tecnologico già esistente, basato sull’utilizzo di array di microelettrodi impiantati nella corteccia visiva. Questa tecnologia, che non è una novità assoluta, consente di stimolare i neuroni tramite impulsi derivati da una fotocamera, con l’obiettivo di restituire una visione parziale a chi soffre di cecità. L’idea in sé è piuttosto semplice: un impianto elettronico genera stimoli visivi, anche in persone che non hanno mai visto prima.

Musk, come da consuetudine, ha già avanzato dichiarazioni ambiziose: secondo lui, Blindsight permetterà persino a coloro che hanno perso gli occhi e il nervo ottico di tornare a vedere. A suo dire, il dispositivo consentirà anche ai ciechi dalla nascita di sperimentare la vista per la prima volta.

Tali affermazioni però appaiono premature. Il limite principale delle tecnologie simili è sempre stato la bassa densità degli elettrodi, con risultati visivi spesso ridotti a mere scintille di luce sparse e casuali, senza una forma o uno schema distinguibile. Sebbene Neuralink abbia fatto progressi, incrementando la densità di questi elettrodi, le sfide fondamentali rimangono.

L’idea avanzata da Musk, che il dispositivo possa restituire la vista semplicemente connettendolo, è poco credibile. Anche tra coloro che hanno perso la vista di recente, e che dunque possiedono una corteccia visiva funzionalmente attiva, il risultato non sarà mai paragonabile alla visione tradizionale. Anzi, l’adattamento a un sistema del genere potrebbe risultare complesso e disorientante.

Per le persone cieche dalla nascita, le difficoltà aumentano. Non avendo mai sviluppato la capacità di “vedere” attraverso gli occhi, la loro corteccia visiva, pur essendo teoricamente predisposta per la visione, non possiede i percorsi neurali necessari per creare l’esperienza visiva. Sostenere il contrario è fuorviante, sebbene la comunità dei non vedenti sia abituata a questo tipo di semplificazioni provenienti da chi vede.

Detto ciò, Blindsight di Neuralink non è affatto privo di merito. L’azienda sembra aver perfezionato il design degli array di microelettrodi e potrebbe aver migliorato i metodi per impiantare tali dispositivi, riducendo i rischi di rigetto o di danni al cervello.

Sebbene sia irresponsabile da parte di Musk fare promesse esagerate – e forse irrealistiche – circa il potenziale del dispositivo, è comunque probabile che Blindsight rappresenti un passo avanti nel lungo percorso verso la creazione di soluzioni efficaci per il trattamento della cecità.

In futuro, se Neuralink decidesse di operare con maggiore trasparenza e di pubblicare dati più dettagliati sulle proprie ricerche, ci sarebbe la possibilità di avviare un confronto serio e aperto sui vantaggi e le sfide di questa tecnologia. Per ora, possiamo solo sperare che, con l’approvazione della FDA, l’azienda adotti un approccio più trasparente nel suo lavoro con gli esseri umani.

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Lorenzo Ricciutelli
Fondatore e autore di Techdot. Vivo da sempre con un’amore sfrenato per l’informatica e la tecnologia. Homo sanza lettere, discepolo della esperienza. Imprenditore digitale.